Gabanèn comandava un motoveliero alla fonda in un porto jugoslavo. L'avvento dei motori aveva portato anche sulle barche la luce elettrica. Appena dato fondo all'ancora ha detto ad un anziano marinaio: "Accendi la luc malè in testa d'arbol". Dopo un po' il marinaio dice: "A iò aces mo ancora l'an fa, l'an s'acend" e allora lui serio: "T'capirà, l'arbor l'è alt vent metre; préma ch'ariva la corent malà so...." E lò: "E già magari...".
In un certo periodo della sua vita, Pep de Parpagnac, era stato costretto ad andarsene da Pesaro per motivi politici. Da Milano, sua nuova residenza, tornava spesso a Pesaro, e tutte le volte diceva: "Ragazi, val piò el canton d'Bisignoli che ne tuta Milèn". Il "canton d'Bisignoli" è, percorrendo Calata Caio Duilio dalla fontana della "fojetta" verso il molo di levante, il primo angolo che le case fanno con una stretta viuzza.
Una vita trascorsa in mare determina
un'andatura ondeggiante anche sulla terraferma, come se il corpo continuasse
il rapporto con il perpetuo movimento delle onde. Dopo il rientro in porto
con il suo "Cigno", Bragagna tornava spesso sulla bamchina e veniva
spontaneo a qualcuno, domandare all'esperto marinaio la previsione del tempo
a breve termine.
Allora, assorto nel nuovo pensiero, Bragagna guardava di traverso il Cittadino,
concentrava lo sguardo sul mare e scorreva la vista dal S. Bartolo all'Ardizio,
e dava la ineccepibile sentenza:
"El cruchèl el volo a l'arversa...,
el sol el cala in t'la sacca..."
Poi sputava nell'acqua del porto ed aggiungeva:
"Dmen, s'an gambia, è come ogg!"
Chicon, al secolo Baioni Francesco,
domiciliato in Via Badò, si era recato dal dentista, dottor Carloni,
in via Buozzi, per l'estrazione di un dente irrimediabilmente guasto. Dopo
l'intervento, finito l'effetto della anestesia, passa in pescheria, tormentato
dal dolor per l'estrazione e dallo stesso dolore di prima.
- Chicon, do' t' va tutt armudèd, lo apostofa un amico.
- A so gid dal dentista; me sa ch'el m'ha cavèd un dent sèn...,
a stagh pegg de prema!
- Mo te, t'l'ha dett qual era el dent da to?
- Cat no! A steva sdraièd in t'la pultrona, sa la testa vultèda
da sta part, e quand el dutur el m'ha dett: "Qual'è il dente che
le fa male?" a i ho rispost, e a so stèd prècis e puntuel:
" Sotto vento, a poppa via di tutti".
Imboccando la Calata Caio Duilo
dalla "Fojetta" verso la "palata", pochi metri dopo la
"Finanza" c'era la bottega di "Vrelio el barbir". Il locale:
pavimento di tavole; due poltrone da fronte ai rispettivi grandi specchi con
mensole; inchiodata al muro la cote di pelle per affilare il rasoio; la gabbia
con il canrino; sei sedie per gli ospiti abituali che ogni mattina andavano
a leggere ed a sfogliare la "Domenica del Corriere" e, in un angolo,
la sputacchiera colma di cenere che, di quando in quando era "centrata"
da qualche cliente.
la bottega di Vrelio el barbir era un vero e proprio salotto: vi si commentavano
le notizie dei giornali, si parlava dei fatti propri e degli altri, si facevano
le previsioni del tempo. Ospiti quasi fissi erano Ghigo e Bruscòn e
quando entrava Gianni d'Mimis, detto "la radio" arrivavano anche
le ultime notizie.
Di lui si racconta, ma forse è leggenda, che, avanti negli anni e con
la vista indebolita, "scalinò" con la macchinetta anche il
bavero di pelliccia di un cliente che non si era tolto il giubbotto.
Questo era Vrelio, che aveva saputo fare di una modesta bottega un punto d'incontro
dove sotto la sua abile regia si poteva disquisire su tutto e su tutti.